The Stand: una serie dimenticabile

L’anno scorso lessi il libro omonimo di Stephen King (in Italia edito anche col titolo L’ombra dello scorpione, qui la trama) e ne rimasi entusiasta, di conseguenza ero davvero curiosa di vedere la serie, soprattutto sapendo che nel cast sarebbero figurati Whoopy Goldberg nel ruolo di Mother Abagail e Alexander Skarsgard in quello di Randall Flagg.

Questa serie è figlia del Covid: il primo errore; dal momento che in certe scelte drammaturgiche appare troppo legata al presente (per esempio, nella puntata in cui Frannie, una delle figure più importanti, si trova a partorire, vi è un monologo estremamente sdolcinato, in cui il virus Captain Trips, inventato da King, sostituisce semplicemente la parola Covid). È stata un’ottima scelta, tuttavia, il fatto che l’ambientazione storica sia il presente e non il 1980 come nel libro: in fin dei conti la tecnologia odierna non è particolarmente utile nella trama.

Il cast è ben scelto e gli attori si fanno apprezzare. Senz’altro si prova più o meno simpatia per i vari protagonisti, si trova adorabile il gigante buono Tom Cullen (Brad William Henke), ma quando qualcuno di loro muore non si prova quella stretta al cuore che si sente invece leggendo il romanzo. Vediamo perché.

Il problema, come al solito, è la sceneggiatura: non mi si venga a dire che adattare un romanzo di poco meno di 700 pagine, avendo a disposizione nove episodi, sia troppo complicato. Il problema non è dato dai cambiamenti apportati, che si possono apprezzare, ma dalla scelta narrativa. Nel 2000 girarono un adattamento del romanzo I Miserabili di Victor Hugo con moltissimi cambiamenti, ma rimane, anche a distanza di anni, una serie apprezzata: questo a dimostrazione che adattare un testo corposo non è di per sé un problema.

La scelta narrativa di The Stand non permette allo spettatore di affezionarsi ai personaggi: già nella prima puntata sappiamo che i protagonisti (sia buoni che cattivi) riescono ad attraversare diversi Stati per raggiungere la città in cui Mother Abagail li sta aspettando; la narrazione fa salti temporali troppo veloci e la tensione è davvero troppo poca. D’accordo, è una serie che si inscrive nel filone postapocalittico, molto diversa da, per esempio, Walking Dead, in cui si prova la paura di poter essere morsi dal simpatico zombie di turno. Quindi di cosa dovremmo avere paura, o per cosa dovremmo provare tensione nelle prime puntate? Ma nemmeno la noia è un sentimento che lo spettatore dovrebbe provare: per chi non abbia letto il libro e la trama sia sconosciuta, il sentimento può essere: “Continuo a vederla perché non ho di meglio da fare, dal momento che non posso far altro che stare in casa la sera (sigh!)”.

Parliamo del cattivo, Randall Flagg: sicuramente l’aspetto migliore della serie (e che aspetto!), cosa che non deve sorprendere dal momento che notoriamente il villain di turno ha molto fascino, il fascino del Male. Un Male che non muore mai, un Male che si trasforma migliaia di volte nel corso della storia dell’umanità, un Male che tenta come nell’Antico Testamento, un Male che promette lusso e lussuria, un Male che incute timore, ma al quale ci si può ribellare quando si ha la lucidità di scoprire i suoi inganni. Un Male che ha bisogno di una sposa e di un figlio, una specie di Anticristo, che non vedrà la luce, almeno non in questo caso, perché (non lo considero nemmeno uno spoiler dal momento che è eccessivamente banale e scontato) il Bene vince sempre. Un Bene, quello di Mother Abagail, che si rifà sempre all’Antico Testamento.

In definitiva, trovo The Stand una serie dimenticabile, una serie che non si ha la voglia di riguardare, soprattutto perché nelle ultime puntate ci sono delle scelte narrative degne di una soap opera melodrammatica anni ’90, e che, francamente, sono assolutamente ridicole. Non si sbaglia mai a leggere il romanzo, non è un luogo comune dire: “Il romanzo era più bello”, perché è quasi sempre la verità.

Lavinia Consolato

Inguaribile cinefila cinofila che passa la sua vita nelle sale cinematografiche

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *