Dracula: un’icona immortale
“The legend gets some fresh blood” è lo slogan con cui Netflix ha pubblicizzato la nuova serie scritta da Mark Gatiss e Stephen Moffat, gli autori della serie Sherlock.
In effetti, per chi ha visto Sherlock, il loro stile è molto chiaro: tre puntate da 90 minuti in cui la ragione, il raziocinio, l’intelletto ed un lavoro psicologico sono la forza che serve per sconfiggere il nemico, in questo caso il Conte Dracula, interpretato dall’affascinante attore danese Claes Bang. Ad interpretare Van Helsing, invece per, credo, la prima volta, è una donna, Dolly Wells: ma non solo in questo consiste la novità di Dracula.
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Le tre puntate sono diverse tra di loro: per chi ama il libro, la prima puntata sarà certamente quella più apprezzabile perché riguarda l’arrivo, nel 1896, di Jonathan Harker al castello del Conte con tutto ciò che ne consegue, tra cui il contagio. Harker scappa e viene accolto in un convento, ma il suo destino è segnato: è un non morto, ma non a tutti gli effetti un vampiro già completamente trasformato (il suo trucco ricorda molto quello di Nosferatu). Qua Dracula e Van Helsing si incontrano per la prima volta.
La seconda puntata è ambientata a bordo della Demetrius, la nave che porterà Dracula in Inghilterra: durante il tragitto, il conte ovviamente si servirà dell’equipaggio come un sommelier in una cantina, ma qualcosa o qualcuno gli impedirà di sbarcare a terra.
La terza puntata è ambientata ai giorni nostri: Dracula è stato rinchiuso in una cassa per 123 anni, dopo i quali giunge a Londra. La nuova Van Helsing, adesso una dottoressa, cerca di scoprire il vero ed autentico segreto per sconfiggere il conte. La cosa interessante è che non sarà la moderna tecnologia a trovare la chiave di questo segreto, come si potrebbe pensare, ma sempre e solo il ragionamento.
Il “fresh blood” si unisce alla bellezza del classico. Una figura iconica come Dracula avrà sempre qualcosa di affascinante, che potrà adattarsi alle letture del tempo della sua ultima rappresentazione: il Dracula del 2020 è un nostalgico del tramonto, cerca la compagna perfetta, è un sarcastico manipolatore, come uno psicopatico moderno (molto simile ad Hannibal Lecter quindi), un gatto che gioca con la sua preda. Ma Dracula è anche un amante della conoscenza: vuole raggiungere l’Inghilterra perché vuole raggiungere la modernità. Tuttavia, una cosa in realtà è chiara di questa modernità: lo disgusta profondamente. Qui non è più un cacciatore, le persone che uccide per nutrirsi sono rintracciabili attraverso le app di incontri e il conte si riferisce a loro come “fast food”.
L’ossessione della bellezza di Lucy Westenra, la sposa che lui tanto bramava, è una chiara critica alla modernità: “Portami in un posto dove non debba sorridere sempre” è la richiesta di Lucy al conte. Il “bacio” del vampiro è una droga allucinogena ed afrodisiaca che rende più dolce la morte.
Possiamo certamente discutere su quale sia il Dracula migliore (personalmente trovo che nessuno potrà mai superare la bellezza della versione di Coppola del 1992), ma nessuno aveva mai dato una interpretazione moderna, sherlockiana, se così si può dire, come questa versione firmata da Gatiss (che qui interpreta Renfield con molta ironia) e Moffat.