Ouija: non giocate con i morti
La ouija è una tavoletta corredata di planchette inventata verso la fine del 1800 ed usata durante le sedute spiritiche (tanto di moda nell’epoca vittoriana che aveva una vera e propria adorazione per tutto ciò che è legato all’occulto), fino al momento in cui la Hasbro, nota casa di produzione di giochi da tavolo non ne fece una versione popolare ed economica negli anni ’60. Recentemente la stessa Hasbro ha rilanciato lo stesso prodotto, abbassando il target: ne ha fatto un gioco per bambini, addirittura producendo la versione rosa per le piccole bambine desiderose di connettersi spiritualmente con Winx e unicorni, immagino.
Ci troviamo di fronte ad una mercificazione volgare e stupida di qualcosa che, se fatto a livelli professionali, può deviare una mente già di per sé fragile. La ouija non è un gioco da tavolo come il monopoli: si cerca un contatto con i morti, e non importa che voi ci crediate o meno, non è un gioco. Il fatto stesso che si dica “giocare” alla ouija è un errore fatale: non si gioca con ciò che non si conosce. Lungi da me dire che con la ouija si risveglino i morti o i fantasmi, perché, sebbene la cosa abbia il suo fascino, non è questo quello che fa davvero la ouija: questo “gioco” risveglia le energie psichiche negative sopite nel subconscio di ognuno di noi, ed in una mente fragile può portare seriamente alla paranoia.
[foto: www.mymovies.it| www.variety.com ]
Il cinema ovviamente ne ha colto appieno le potenzialità horror, inserendo la tavoletta in una lunga fila di film e serie tv: ricordate la dolce e carina Regan che gioca da sola con la ouija ne L’esorcista? Così come Regan, anche altre ragazzine vengono prese di mira da degli spiriti che vedono in loro una mente facile da manipolare: i personaggi di Ouija (2014) e Ouija – L’origine del male (2016). Sebbene il target sia adolescenziale e la qualità sia media, questi film – il primo diretto da Stiles White, il secondo da Mike Flanagan (che ha firmato Il gioco di Gerald e Hill House) – rendono perfettamente l’idea di cosa possa significare giocare con la paura.
Le regole fondamentali sono tre:
- Mai giocare da soli,
- Mai giocare in un cimitero,
- Bisogna salutare lo spirito.
Ovviamente all’interno di un contesto horror le regole vengono sempre infrante. In un contesto reale, nessuno di noi ha(almeno spero) in cantina il corpo mummificato di una bambina con le labbra cucite, che era stata posseduta dallo spirito di un polacco scappato dai campi di concentramento; tuttavia, ognuno di noi ha perso una persona cara a cui desidera chiedere qualcosa. Una volta che la parte irrazionale della nostra mente prende il sopravvento, è davvero difficile separare la realtà (ovvero la semplice ed innocente suggestione) dall’immaginazione. C’è chi questo gioco lo fa tutt’ora nelle sedute spiritiche, la maggior parte eseguite da truffatori esattamente come si vede nel film del 2016, ma chi invece lo esegue in modo professionale, può raccontare cose che nemmeno uno scettico saprebbe spiegare, soprattutto riguardo le reazioni umane di chi potrebbe essere rimasto sconvolto a vita. Nel film stesso, una delle protagoniste cerca una spiegazione razionale del tipo “la mente ti mostra ciò che vuoi vedere”, ma perché costringere se stessi a vedere qualcosa del nostro inconscio che deve restare sopito?
Amiamo il cinema horror, ma è proprio il cinema ad insegnarci che ci deve essere un limite tra ciò che è reale e ciò che non lo è, tra ciò che è umanamente permesso e ciò che non lo è. Lasciate al cinema ciò che è del cinema e non giocate con i morti.