The Descent, ciò che si nasconde nell’oscurità
Ci sono delle cose che semplicemente non vanno fatte: come esplorare una grotta sconosciuta insieme alle amiche per sport. Come disse una volta una mia prozia, riferendosi a degli scalatori morti, “io non ne ho pietà”: meglio stare in casa col pigiama e guardare film piuttosto che mettere a rischio la vita delle proprie amiche (ammesso e non concesso che non le si faccia morire di paura proprio con un film horror).
Sarah, Juno e Beth sono tre amiche che amano gli sport avventurosi, come il rafting, le scalate e le esplorazioni. Juno (Natalie Mendoza) organizza una vacanza sui monti Appalachi per riprendere le vecchie abitudini con le amiche dopo che Sarah (Shauna Mcdonald) ha affrontato il lutto per la morte in un incidente d’auto del marito Paul e della figlia. Al trio si aggiungono altre amiche: Rebecca, Samantha e Holly. L’avventura proposta da Juno consiste nell’esplorare una famosa grotta nel cuore del parco nazionale, ma una volta giunte sul posto l’ambiente è più ostile di quello previsto: Juno ha portato le amiche in una grotta sconosciuta, dove nessuno prima aveva mai messo piede. Ma era davvero così?
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Si aprono le ostilità, Juno le ha chiaramente messe in pericolo in un atto di vanità e sconsideratezza, ma nonostante le difficoltà, sembra che sia possibile trovare una via d’uscita, se non fosse che nel cuore di questa grotta ci abitano delle creature mostruose. Queste creature sono albine e cieche (assomigliano vagamente a Gollum, ma non parlano), catturano le loro prede grazie all’udito e all’odorato e si possono uccidere, in realtà, senza troppa difficoltà, il problema ovviamente è che le donne, prese alla sprovvista, sono disarmate e decisamente inferiori di numero. Ed è proprio in una situazione tra la vita e la morte, che la vera natura umana (cioè la natura cinica dell’essere umano) prende forma in un mors tua vita mea, che vede nella figura di Juno, non una amica, ma una bugiarda.
Diretto nel 2005 dall’inglese Neil Marshall, regista di Doomsday , The Descent non è semplicemente un film horror, anzi, direi che i mostri sono un pretesto, ma è una metafora delle relazioni umane: la colpa e la vendetta, la vendetta e la resilienza, ciò che non ti uccide ti fortifica, e, se anche ti uccide, ti aiuta ad accettare la morte. Il film, della durata ottimale di un’ora e mezza, può vantare un Empire Award come miglior film horror, ed è meritato, direi, per la sua capacità di sorprendere lo spettatore, specialmente sul finale. Questo horror al femminile smonta il clichè della rappresentazione delle donne-vittime-passive, e dà in Sarah una figura forte e combattiva.