Cargo, la storia dell’amore di un padre
L’Australia è vittima di un pericoloso virus che trasforma le persone in zombie. Andy (Martin Freeman) deve a malincuore accettare che la moglie sia stata contagiata ed è costretto ad ucciderla, ma prima le promette che farà di tutto pur di salvare la loro bimba Rosie.
Purtroppo l’ultima cosa che ha fatto la moglie è stata infettare Andy: gli restano solo 48 ore per portare Rosie al sicuro.
Andy con la figlia in spalla deve attraversare il bellissimo deserto australiano per arrivare in una zona che, si dice, sia il rifugio dei non-infetti. Incontrano una ragazzina aborigena, Thoomi, che ha cercato di addomesticare il padre zombie pur di non ucciderlo e che successivamente si unirà a loro nel viaggio.
Intanto diverse persone aiutano Andy, ma ecco che si apre il divario tra chi è rimasto umano “nel cuore” e chi no. Come sempre, il vero mostro è l’uomo.
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Si può dire che la presenza degli aborigeni sia fondamentale, perché rappresentano la vera anima del luogo, coloro che sono stati schiacciati con la violenza dagli invasori (sono come gli indiani d’America in questo caso): prima vivevano in un paradiso, ma esso è stato sporcato.
Il grande saggio dice: “Stanno avvelenando questa terra, il paese sta cambiando, stiamo male e succederà anche a noi”.
Il virus zombie è portatore di un significato sociologico importante: è il simbolo dell’uomo ingordo che ha distrutto la natura per il suo profitto.
Cargo che in inglese significa carico mercantile, in questo caso non è semplicemente “carico” nel senso del peso della bambina che Andy deve portare, quanto un carico di amore e valori familiari, che portano di fatti ad un finale commovente che dà un messaggio di speranza.
Il film, originale Netflix, con la regia di Yolanda Ranke e Ben Howling, più che un horror è un thriller, ma rientra nei nostri canoni: ha una buona storia e tiene lo spettatore in ansia per il destino dei personaggi e della piccola Rosie, avendo nel cast un attore, Freeman, al quale siamo affezionati da tempo.