Pennywise è tornato per le nostre paure
Il film che tanto abbiamo aspettato è stato sin da subito un grande successo al botteghino. Pennywise dopo 27 anni è tornato, ma lo vedremo ancora, presto, per la sua vendetta: infatti IT è soltanto la prima parte di questo appuntamento col terrore.
Derry, 1988. George, un bambino in impermeabile giallo corre per la strada, inseguendo una barchetta di carta che finisce in un canale di scolo. Lì si manifesta il mostro, Pennywise, che risucchia George nelle sue fauci dentate.
L’estate dell’anno dopo, durante le vacanze, si forma la nostra piccola squadra di eroi. Bill non si da pace per la perdita del fratellino George e convince gli amici a seguirlo. Ognuno di loro, o quasi, scappa da qualcosa, che sia la propria famiglia o una gang di bulli. E Pennywise personifica le paure di ognuno di loro. “Gustosa gustosa, bellissima paura!”
Questa storia ci mostra una generazione di adolescenti senza figure adulte di riferimento, adolescenti che anzi sviluppano le proprie paure sulla base delle inadeguatezze dei genitori. Beverly, l’unica ragazza del gruppo, vede sempre sangue: il momento dell’arrivo del proprio sangue mestruale è vicino e la cosa ossessiona il padre, un uomo violento e morboso; Eddie, che la madre ha cresciuto come un ipocondriaco, vede un lebbroso che lo vuol contagiare; Stan vede una donna deforme e simile ad un Modigliani che entra ed esce da un quadro; Mike vede degli arti bruciati in un incendio, lui che aveva perso i genitori proprio così; Ben un fantasma senza testa; Jack (Finn Wolfhard, che abbiamo conosciuto in Stranger Things) ha la fobia dei pagliacci e Bill non fa che rivedere il fratellino.
Il pagliaccio tornato al cinema dopo 27 è ben diverso dalla figura cult che era stata interpretata da Tim Curry e diretta da Tommy Lee Wallace nel 1990, frutto della mente di Stephen King. Senza nulla togliere al bravo Bill Skarsgard, questo It, diretto da Andreas Muschietti, ha una figura che deve molto al cinema horror di questi ultimi anni. La figura alla base dell’idea di King era quella di un pagliaccio dalle sembianze realistiche: era proprio quello il trucco per adescare le sue povere vittime.
Il cinema è cambiato, si è evoluto: il vero protagonista è l’effetto speciale che ovviamente fa presa sull’occhio, ma poca presa sul cuore. Potrebbe addirittura sorprendere che non sia stato utilizzato il 3D, perché alcune “esplosioni” di spavento sembrano voler schizzare fuori dallo schermo e questo è più che giusto e doveroso per il genere del film. Ma parliamo appunto di questo: questo horror ci spaventa? A tratti sì, a tratti ci portiamo la mano alla bocca, ma poi il nostro occhio abituato ai mille trucchi splatter si adegua ai denti aguzzi e alle mani da zombie.
[foto: thatsalltrends.com | blog.screenweek.it]
Chiediamoci piuttosto il perché di questo martello che continua a battere il chiodo della figura genitoriale malsana. Il padre della Beverly del primo It era violento, sì, ma questo nuovo padre, sembra pronto ad abusare di lei. Era necessario? Il bullo che terrorizza i ragazzini vive succube di un padre poliziotto che lo zittisce con altrettanta ferocia. Vediamo ben due parricidi, val la pena chiedersi quale sia il motivo (freudiano?) di cotanta violenza.
È inevitabile che si venga a creare un confronto tra il primo originario modello e il nuovo: è una lotta generazionale in cui, a volte, si esce o definitivamente battuti, oppure alla pari. Il vecchio It con il suo carattere grottesco, benché peccasse di una grave prolissità, resta nel nostro cuore.